Teroldego: sangue di drago trentino
I racconti che avvolgono nel mistero questo vino rimandano a creature leggendarie ed origini varie. In relazione al nome, ad esempio, diverse sono le ipotesi: secondo alcuni, infatti, il vitigno di Teroldego sarebbe originario della Valpolicella e conosciuto con il nome di “Tirodola”; secondo altri, invece, questo nome deriverebbe dall’espressione “Tiroler Gold” avvalorando così la tesi di un’origine tirolese. Una terza ipotesi, forse la più veritiera, individua un legame tra il nome di questo vino ed un toponimo: nel comune trentino di Mezzolombardo, infatti, esiste una località chiamata Teroldeghe. Ad aggiungere credibilità a questa ultima teoria relativa all’origine del Teroldego si rivelano fondamentali anche i numerosi atti notarili di questa zona, dove sono state ritrovate numerose citazioni di questo vino fin dal 1480.
Nel passato di questo vino però si nasconde anche un’antica leggenda che vede come protagonisti un drago ed un cavaliere: sul monte di Mezzocorona ancora oggi sono visibili i resti del Castello di San Gottardo e sulle rupi dello stesso monte la leggende racconta che in passato si ergesse un eremo con all’interno uno spaventoso drago. La storia narra che un giorno il coraggioso Conte Firmian, membro della nobile famiglia dei Mezzocorona, decise di sfidare il drago armandosi di lancia e spada. Oltre alle armi, però, il cavaliere portò con sé una ciotola di latte ed uno specchio che pose davanti all’ingresso della grotta. Il drago, attratto dall’odore del latte, una volta uscito dalla grotta rimase incantato dal proprio riflesso nello specchio; un momento di esitazione che permise al cavaliere di trafiggerlo a morte. Di fronte a questo grande successo tutta la popolazione esultò per giorni portando per giorni in giro per le strade la carcassa del drago affinché tutti sapessero di essere finalmente liberi dal mostro. Durante questa parata, tuttavia, alcune gocce di sangue del drago caddero nel terreno del territorio della Piana Rotaliana portando alla nascita dei primi germogli di Teroldego; proprio per questo la gente del luogo chiama questo vino “Sangue di drago”.
Tornando alla nostra quotidianità, attraverso diversi studi ampelografici è stato possibili individuare importanti parentele genetiche del Teroldego: si tratta di importanti vitigni come il Lagrein, il Marzemino e lo Syrah.
Questa specialità trentina, che da sempre viene coltivata a pergola, nel 1971 ha ricevuto un importante riconoscimento: la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) “Teroldego Rotaliano”. Tale traguardo, oltre a rappresentare un’importante celebrazione della qualità di questo prodotto, è importante anche per la regione del Trentino Alto Adige in quanto prima D.O.C. riconosciuta ad un vino trentino.
Zona geografica di produzione
Come si è già capito la patria geografica di questo vitigno è il Trentino Alto Adige. In particolare, esso ha trovato le condizioni climatiche ed ambientali ideali per il suo pieno sviluppo in tutta l’area conosciuta come Campo Rotaliano. I comuni più importanti in questo senso sono quelli di Mezzocorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige, anche se recentemente è stata rilevata una diffusione di questo vitigno anche in altre zone della Piana Rotaliana.
Caratteri ampelografici vitigno
La foglia del vitigno di Teroldego solitamente è grande, pentagonale e trilobata.
Il grappolo, invece, si presenta compatto, di dimensioni medie e con una forma piramidale. Può avere 1 o 2 ali.
Per quanto riguarda l’acino, infine, esso ha una dimensione media ed una forma sub-sferoidale. La buccia è molto pruinosa e possiede la classica colorazione blu-nera.
Note sensoriali: profumo e gusto
La colorazione tipica di questo vino si aggira sempre sul rosso rubino intenso, con sfumature più violacee nel caso delle riserve. Qualora il vino sia stato sottoposto ad affinamento, e a seconda della tipologia di esse, la corposità del vino risulterà più o meno elevata.
Per quanto riguarda il bouquet aromatico, il Teroldego si caratterizza per una buona complessità che rimane comunque fine. Gli aromi preponderanti sono quelli di frutta rossa matura, fiori di viole e spezie come la liquirizia. Se l’affinamento è avvenuto in legno sarà possibile percepire profumazioni che si avvicinano maggiormente alla confettura.
Quanto si passa all’assaggio, la discreta corposità di questo vino emerge subito insieme ad una moderata acidità che bilancia la generale morbidezza e poca tannicità dello stesso. Il sapore richiama gli aromi percepiti all’olfatto con l’aggiunta di un piacevole finale di mandorle amare.